Stili e regioni d’Italia: Lombardia

23 Aprile 2024

Il caffè della Lombardia è figlio della quotidianità produttiva e la caffeina è il carburante per avviare il motore della regione, che si mette in marcia di prima mattina con l’uscita dalle case di milioni di lavoratori diretti negli uffici e nelle fabbriche. Immaginate la scena a vol d’uccello, negli anni Cinquanta del grande sviluppo economico, questi milioni di persone che all’unisono si riversano sulle strade e confluiscono in fiumi ordinati verso i luoghi del lavoro.
Quello che non si vede è il retroscena: dieci minuti prima, la tazzina fumante portata dalla padrona di casa e bevuta d’un sol sorso sulla soglia di casa con la borsa in mano. Un comune denominatore a questi milioni di deglutizioni che si svolgono in contemporanea: la velocità. Anzi la fretta. E l’assenza di qualsiasi indulgenza al piacere.
Tutto questo lascia l’impronta nello stile del caffè bevuto. Al Sud proprio negli anni Cinquanta dilagavano le napoletane, portate dalle numerose famiglie emigrate al prosperoso Nord. Ma quello strumento di estrazione così delicato, usato a Napoli e in Sicilia a fuoco lento, si trasforma al Nord nella moka, proprio per fare più in fretta. E ci guadagna anche in corposità e in intensità di aromi, perché per quanto bassa la pressione di esercizio di una moka è comunque superiore alla forza di gravità che distingue la napoletana.
La filosofia della velocità rimane anche quando dal caffè moka si passa all’espresso. A partire dalla metà degli anni Sessanta si inizia a sentire il benessere: è il miracolo economico.
È da qui che inizia il vero boom del bar: fare colazione a casa non è più di moda, chi vuole fare il brillante va a prendersi la sua tazzina per la via, andando al lavoro. E poi è più veloce: l’estrazione lombarda non è mica come quella del meridione, goccia a goccia. Al contrario, dalla macchina espresso esce un bel filo di caffè continuo, fluido, che assicura al cliente in piedi al bancone la sua rapida tazzina, giusto in tempo per prendere il tram e arrivare puntuale in ufficio.
A questa velocità il gusto lombardo del caffè è molto congeniale.
La Lombardia non è terra dai sapori forti: la sua gastronomia predilige aromi più raffinati, delicati, e privilegia nettamente l’equilibrio gustativo e tattile, valorizzando con la sapienza della preparazione gli ingredienti spesso poveri dell’area continentale in cui è immersa. Il caffè ne è specchio: l’estrazione più veloce, la tostatura mai scura, le miscele più delicate danno proprio quell’espresso delicatamente profumato e leggero di corpo che è nella tradizione della regione. Sarà forse vero, come è stato scritto, che l’espresso è il frutto della povertà e della fantasia italiane, perché ottiene una tazza di caffè migliore con sette grammi di macinato in luogo di dodici. Ma c’è da dire che, nella selezione dei caffè, i torrefattori lombardi non si fanno certo condizionare né da fattori economici, né da fattori geografici: d’altronde non sono forse al centro dei traffici, dei commerci e dei porti del Nord Italia?

Luigi Odello

Da Espresso Italiano Specialist (Centro Studi Assaggiatori)
shop.assaggiatori.com

Leggi anche:

Il caffè italiano non esiste? Siamo perplessi.

16 Aprile 2024
Carlo Odello

L’intervista pubblicata da Repubblica a Simone Zaccheddu mi ha lasciato davvero perplesso, presentando diverse imprecisioni che non mi pare rispecchino la realtà dei fatti.

Leggo: “Non esiste il caffè italiano, l’Italia acquista quasi esclusivamente dal Vietnam, secondo produttore al mondo dopo il Brasile: importiamo coffea Robusta, non la tipologia di chicchi migliore, molto tostata, quindi molto scura e dal sapore forte, ma di scarsa qualità“. A parte il fatto che il termine corretto è Coffea Canephora, secondo i dati importiamo prima di tutto dal Brasile (principalmente Coffea Arabica) e non certo esclusivamente dal Vietnam. Sulla qualità ognuno faccia le sue considerazioni, personalmente non sono mai a favore di pensieri massimalisti e riduzionisti.

Inoltre, affermare che non esista il caffè italiano significa negare praticamente secoli di storia e in particolare almeno gli ultimi decenni prima con la nascita delle macchine da bar e poi con l’arrivo del moderno espresso. Tra l’altro, l’esistenza di uno stile italiano, addirittura di stili regionali italiani, è confermata scientificamente tramite migliaia di test sensoriali che sono costati tempo e investimenti rilevanti in un’attività di ricerca scientifica documentata. Il caffè italiano esiste, eccome.

Sorprendente anche leggere che per misurare la capacità di un assaggiatore “un parametro è quello delle papille gustative e del loro numero rispetto alla superficie della lingua”. Tutto ciò con buona pace della psicofisiologia sensoriale che ci insegna una realtà un po’ più complessa di questa (e che in parte non è neppure questa). Insomma, siamo quasi in una pericolosa area di pseudo-scienza.

Da ultimo apprendo che oggi in Italia esistono solo una settantina di assaggiatori certificati. Eppure, solo lo IIAC ha certificato più di 13.000 professionisti dalla sua nascita. Insomma, non siamo un’élite, al contrario siamo un folto gruppo di professionisti al servizio del settore. Inoltre, ci tengo a sottolinearlo, tutti i nostri assaggiatori sono tarati e controllati statisticamente in ogni singola sessione d’assaggio a cui partecipano, anche più volte nella stessa sessione. Non basta dire di essere bravi, bisogna provarlo ogni volta.

Ci tengo a sottolineare che ho commentato quanto ho letto. Voglio in sostanza concedere il beneficio del dubbio: si sa che nelle interviste qualche equivoco può capitare e se ci saranno chiarimenti in tal senso, ben vengano. Nel frattempo, auguro a Simone Zaccheddu ogni bene per la sua gara a Chicago.

Carlo Odello
Presidente IIAC – Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè

Leggi anche:

Espresso Italiano Champion i migliori baristi alla ribalta

16 Aprile 2024

È Leidy Yulieth Arias Aguirre la prima finalista dell’Espresso Italiano Champion, il campionato nazionale che vede sfidarsi i migliori baristi in prove di qualità e abilità. La giovane barista di origini colombiane, ma a Torino da anni, si è infatti aggiudicata il primo posto nella gara di prequalificazione alle finali di giugno del concorso promosso dall’Istituto Espresso Italiano (IEI). Una gara che si è svolta domenica 7 aprile nella sede di Caffè Costadoro, a Torino, alla quale hanno preso parte sette professionisti che si sono sfidati nelle varie prove previste dal concorso.

La mia passione per il caffè è nata dopo aver frequentato corsi di specializzazione in caffetteria e metodi alternativi di estrazione del caffè nel mio paese d’origine – ha detto la vincitrice della tappa, Leidy Yulieth Arias Aguirre – ho deciso di condividere questa passione per il caffè, ed in particolare per le varietà che offre il mio paese, aprendo una piccola caffetteria a Torino specializzata nei caffè ‘Specialty’. Dopo alcuni anni, come imprenditrice, ho scelto di cedere la caffetteria per continuare a crescere e approfondire la mia conoscenza del mondo del caffè come dipendente” è stata la dichiarazione della prima finalista dei campionati di espresso italiano.

L’Espresso Italiano Champion da diversi anni è la gara per i baristi che desiderano mettersi alla prova con i simboli della caffetteria italiana: espresso e cappuccino. Negli anni ha coinvolto centinaia di professionisti da una decina di paesi, sia quelli con una lunga tradizione nel caffè sia i cosiddetti nuovi mercati. La gara è aperta a tutti e si svolge con un meccanismo di selezione locale per arrivare alle semifinali e alle finali nazionali e internazionali. La fase finale dell’Espresso Italiano Champion è in programma dal 18 al 19 giugno 2024 a Como presso la sede di Caffè Milani.

L’Espresso Italiano Champion, oltre a essere un’interessante competizione che mette in evidenza la capacità dei baristi, è un incontro tra appassionati di caffè e anche la tappa organizzata da noi di Costadoro ha messo in luce queste caratteristiche – ha detto Stefano Abbo, CEO di Costadoro – complimenti quindi a IEI, ai coraggiosi concorrenti, alla brava vincitrice, ai volenterosi giudici e a tutti coloro che hanno partecipato all’organizzazione dell’evento. Durante la giornata, abbiamo colto l’occasione per aprire le porte dell’Azienda, così da far vivere a tutte le persone interessate e agli accompagnatori dei partecipanti alla gara l’esperienza della nostra torrefazione. Tutto questo è assolutamente coerente con lo spirito di Costadoro, Azienda B Corp dal 2023“.

Largo ai giovani. “Le selezioni dell’Espresso Italiano Champion sono un’opportunità preziosa per Costadoro perché permettono ai suoi clienti di appassionarsi e mettersi costantemente in gioco come professionisti nel settore del bar – spiega Carlotta Trombetta, Head of Quality & Impact di Costadoro e membro di IEI Next – è attraverso la continua formazione e l’impegno che possiamo elevare la qualità dei nostri prodotti e offrire esperienze uniche ai nostri clienti. Siamo felici che il podio sia tutto al femminile, rompendo gli stereotipi di genere e dimostrando che il talento e la competenza non conoscono limiti“.

Leggi anche:

Stili e regioni d’Italia: Piemonte e Liguria

9 Aprile 2024

Quando nacque l’espresso l’Italia esisteva già, non solo nella sua espressione geografica, ma anche politica. Gli italiani avevano già combattuto insieme due guerre mondiali, ma non per questo avevano perso le proprie abitudini in fatto di gastronomia, alla quale il caffè apparteneva da circa tre secoli. Gli stili di cui abbiamo finora parlato nascono quindi da specifiche abitudini regionali, molte volte condizionate dal capoluogo di regione, soprattutto se questo aveva svolto un ruolo importante nello scenario storico e politico. Per comprendere meglio gli stili diamo quindi uno sguardo più approfondito alla storia del caffè in alcune regioni d’Italia.

Piemonte e Liguria

Non occorre sapere molto di geografia per avere chiaro che tra il Piemonte e la Liguria non c’è di mezzo il mare, e che quest’ultima il mare ce l’ha, ben provvisto di porti, mentre al primo manca del tutto. Ma per capire il profilo sensoriale del caffè delle due regioni, tutto sommato abbastanza vicino, occorre buttare un occhio alla storia. In un primo tempo, durato qualche secolo nello scorso millennio, troviamo i signori liguri protesi nella conquista di valichi e territori per garantire ai propri commerci una via sicura verso l’interno. E, di poco spostati sull’asse temporale, possiamo notare i signori del Piemonte che cercano di mettere piede in Liguria per avere uno sbocco al mare. Vinceranno questi ultimi, già saldamente piazzati in un Piemonte che si va via via unificando, generando quindi un’osmosi che contamina la cucina (la bagna caoda è piemontese, ma l’olio e le acciughe sono liguri, solo per fare un esempio) e i gusti delle popolazioni, caffè non escluso.
Piemonte e Liguria hanno in comune una grande varietà di erbe officinali, di aromi con i quali donare profondità a ogni piatto. E se è vero che spezie e coloniali giungono dai porti liguri, occorre rilevare che le due entità geografiche per tutto il Risorgimento sono accomunate dallo stesso governo, quindi i soldati vivono sotto le stesse tende durante le battaglie in Italia e all’estero (pensiamo per esempio all’esperienza della Crimea) e gli scambi diplomatici e commerciali influenzano alla pari l’intero territorio.
Un poco diverso è il carattere della popolazione: duri e tenaci i piemontesi, abili commercianti e risparmiosi i liguri.
Insomma, c’è di che per dire che se in fatto di origini del caffè la scelta era particolarmente ampia, la coniugazione del miglior rapporto qualità/prezzo era obbligata.
Se le guerre e il territorio impervio tendevano a rendere la vita amara, almeno il caffè (ma anche altri coloniali, come il cioccolato che in Piemonte trova una delle maggiori espressioni e alcuni centri di produzione di portata mondiale) e il vino dovevano compensare. Così, mentre gli enologi si davano da fare per ammorbidire nebbioli e barbere e per mantenere dolce il Moscato – dando poi vita all’Asti – i torrefattori sceglievano le origini di caffè che potevano apportare quella freschezza così diffusa a livello enologico, l’assenza di asperità tanniche, la presenza del floreale – che dava eleganza anche a vini e grappe – e delle morbide note di cioccolato.
Con decisa maestria si rendeva quindi il caffè coerente con le attese sensoriali della popolazione che sempre più lo eleggeva a compendio insostituibile nell’ospitalità.
Un notevole apporto nella crescita del caffè si ebbe con il fenomeno dell’inurbamento a Torino e nelle altre città. Naturalmente con la crescita del settore caffetteria, soprattutto con l’avvento dell’espresso, nasceva un indotto importante volto alla costruzione di macchine da caffè, di attrezzi e mobili per il bar e di suppellettili per il servizio del caffè.
Oggi Piemonte e Liguria rappresentano un territorio che è primo in Italia nei commerci e nella tostatura del caffè, che ha aziende affermate anche all’estero nella produzione di tazze e tazzine di porcellana e di altre attrezzature per il bar.
Accoccolati in una pasticceria o in piedi davanti al bancone, l’espresso in Piemonte e in Liguria è quasi sempre preceduto da un piccolo bicchiere d’acqua, prassi di estrema saggezza molto in vigore ancora a Cuneo e ovunque nei bar che ci sanno fare. È un espresso che in genere si degusta agevolmente anche senza zucchero, ma che soprattutto in Piemonte può costituire la base per un marocchino (a un espresso si aggiunge una pari quantità di latte montato con lancia a vapore) o un bicerin (espresso, cioccolata e latte montato), bevanda riconosciuta tradizionale piemontese nel 2001.

Luigi Odello

Da Espresso Italiano Specialist(Centro Studi Assaggiatori)
shop.assaggiatori.com

Leggi anche:

Gli stili storici dell’Espresso Italiano

3 Aprile 2024

Alpino, padano, tirreno, centrale e meridionale: ecco i cinque stili che si incontrano nell’Italia dell’espresso. Di primo acchito parrebbe che le differenze stiano solamente nel livello di tostatura, e in parte è così, ma sarebbe assai riduttivo pensare che la loro identificazione stia semplicemente nel più o meno tostato.
Inoltre, non è solamente un fatto di latitudine. Se gli alpini si manifestano con una freschezza acida ben percepibile che enfatizza le note di fiori e frutta fresca, i padani – che ci stanno poco sotto e qualche volta sopra, in termini di paralleli – sono più tostati dei tirreni che stanno a valle.
Come dicevamo non è solo una questione di livello di cottura, bensì di tutta una serie di scelte a livello di caffè verde che inducono differenze sensoriali complesse. I padani, per quanto riguarda gli aromi inclusi nella famiglia del tostato, prediligono il cacao alla brioche e al pan tostato tanto cari ai tirreni, ma non manca qualche sbuffo di acidità che si unisce a una timida astringenza.
I tirreni vivono quasi di un profilo rinascimentale fatto di simmetrie e armonie la cui focalità è data dalla frutta secca e dalla pasticceria. Con i centrali si torna al cacao, ma con note speziate, quasi sempre assenti nei tirreni e costituenti l’asse portante dei meridionali. L’entità del corpo segue l’evoluzione
aromatica crescendo dagli alpini ai tirreni, per farsi poi sempre più prestante con padani, centrali e meridionali.
Un tempo gli stili coincidevano con l’ubicazione della torrefazione, poi, con il passaggio di queste da una distribuzione locale a una distribuzione geograficamente sempre più ampia, il produttore ha dovuto adeguarsi presentando miscele diverse da quelle sue originarie: non è pensabile vendere uno stile alpino a Napoli. Il fatto conferma che lo stile non è legato a una marca, bensì al gusto di una determinata zona. E allo spostarsi delle genti, si assiste a un parallelo spostarsi di stili di caffè. Da questo punto di vista i fenomeni di migrazione interna che si sono verificati nell’ultima metà del ‘900 hanno generato una progressiva ibridazione dei gusti al Nord dove si possono trovare bar che servono espresso di stile meridionale, mentre è più difficile il contrario.

Luigi Odello

Da Espresso Italiano Specialist(Centro Studi Assaggiatori)
shop.assaggiatori.com

Leggi anche:

Dal cuore del caffè nasce lo stile

27 Marzo 2024

I chicchi di una miscela giungono da una moltitudine di paesi compresi nella fascia tropicale. Ognuno è figlio di una specie, di una varietà, di territori differenti che hanno climi e suoli diversi. Quindi ognuno reca un proprio patrimonio aromatico ancora in nuce, tutto da esprimere.
Di fatto possiamo paragonarli a quel blocco di marmo dal quale Michelangelo vedeva la presenza di una statua che lui avrebbe realizzato. L’attrezzo a disposizione dei torrefattori è ovviamente la tostatrice. Essa non è altro che una macchina in grado di trasferire il calore prodotto da una fonte indipendente ai semi del caffè che, quando sono crudi, di aroma ne hanno ben poco e per giunta neppure molto buono: oltre a evidenziare un vegetale deciso, contengono sostanze, chiamate dai chimici ammine biogene, ben poco gradevoli al complesso olfatto degli umani.
Ora vediamo insieme che cosa succede nel momento in cui sottoponiamo i chicchi alla fonte del calore: sostanzialmente abbiamo l’inizio di due curve, una discendente e l’altra ascendente.
La prima è la curva dell’acido, dei fiori e della frutta fresca.
Ma mano che noi forniamo calore ai chicchi questi tre elementi tendono a decrescere fino a scomparire. La seconda è la curva dell’amaro e dell’empireumatico: due caratteristiche che tendono a crescere man mano che si fornisce energia.
Seguiamo quindi queste due curve per vedere cosa succede alle altre caratteristiche sensorialmente apprezzabili:

  • l’area del vegetale decresce in parallelo con l’acidità e le ammine biogene, foriere di sentori poco piacevoli, scompaiono;
  • anche l’area dei fiori e della frutta fresca tende ad assottigliarsi, fino a esaurirsi, privando così il caffè di una parte delle sue note più attraenti;
  • l’area della frutta secca inizia a svilupparsi quando l’area della vegetale è quasi del tutto esaurita, ma al punto in cui l’area dei fiori e della frutta fresca è ancora molto importante;
  • prima ancora che termini tutta l’area del vegetale, ecco iniziare la formazione degli aromi di frutta secca;
  • mentre questa tende a esaurirsi inizia e cresce l’area del tostato (pan tostato, cacao, vaniglia e caramello: la pasticceria) e poco dopo inizia anche l’area dello speziato.

Ora, se noi cogliamo l’area compresa in un intervallo che si crea intorno all’incrocio delle due curve possiamo renderci conto con facilità che in questo avremo pochissimo vegetale, note importanti di fiori e frutta fresca, una buona quantità di frutta secca e pasticceria, nonché la frazione più nobile dello speziato. Ecco perché possiamo dire che nell’Espresso Italiano entra solo il cuore del caffè, perché è giusto in questo intervallo che vanno a insistere le curve di tostatura disegnate per cogliere il meglio di quanto può fornire un chicco di caffè.

Luigi Odello

Da Espresso Italiano Specialist(Centro Studi Assaggiatori)
shop.assaggiatori.com

Leggi anche:

Caffè: ma il verde come lo controllo?

19 Marzo 2024

Non basta la maestria nella tostatura per ottenere una tazzina eccellente, occorre una materia prima adeguata. Sotto questo profilo i metodi di controllo si stanno evolvendo rapidamente, ma partiamo dalle basi per considerarli.
Il controllo qualità delle materie prime rappresenta un passaggio cruciale nel corso della filiera agro-alimentare perché fornisce all’industria che le acquista per trasformarle informazioni indispensabili per decidere se acquistare o meno una partita e, successivamente, per attribuirle un determinato livello qualitativo e una strategia di trasformazione per valorizzare al meglio la materia prima stessa. D’altro canto, la composizione chimica della materia prima determina il punto di partenza delle trasformazioni tecnologiche e biochimiche che porteranno alle caratteristiche sensoriali del prodotto trasformato. Come tutto ciò influisce sul caffè verde?

Per ricevere il numero 85 de L’Assaggio in pdf e leggere l’articolo di Francesca Venturi, Davide Martini e Isabella Taglieri potete iscrivervi gratuitamente tramite il seguente link.

Leggi anche:

Claudio Torresan, nuovo Regional Sales Director Italy di Cimbali Group

19 Marzo 2024
Claudio Torresan, Regional Sales Director Italy di Cimbali Group

Riprendiamo volentieri il comunicato di Cimbali Group.

Claudio Torresan è il nuovo Regional Sales Director Italy di Cimbali Group. La sua nomina è stata ufficializzata oggi nel corso di un evento esclusivo con i top clients e i giornalisti organizzato presso ilMuseo Teatrale alla Scala di cui Cimbali Group e il suo museo d’impresa MUMAC sono sponsor dal 2016.

Entrato in Cimbali Group nel 2017, Claudio Torresan negli ultimi 5 anni è stato General Manager della sede di Dubai dell’azienda con responsabilità anche dei mercati di Medio Oriente, India e Africa, ruolo che ha ricoperto con brillanti risultati di crescita costanti. Laureato all’University of Sussex in Ingegneria meccanica e business, Torresan ha maturato la sua esperienza professionale in ambito commerciale, con ruoli di crescente responsabilità sempre in contesti multinazionali. Appassionato di cicli e motocicli, ha all’attivo diversi progetti di endurance uno dei quali gli è valso un Guinness World Record nel 2011.

“Sono molto contento di presentare oggi ai nostri top clients e alla stampa Claudio Torresan nel suo nuovo ruolo di Sales Director Italia. Claudio è un professionista esperto che ha guidato per cinque anni i nostri uffici di Dubai con risultati sorprendenti. Ha già accolto con entusiasmo le nuove sfide ed è un privilegio per noi averlo in squadra” ha commentato Enrico Bracesco, Direttore Generale di Cimbali Group. “Abbiamo voluto presentarlo al Museo Teatrale alla Scala, un luogo ricco di storia, che sentiamo come una casa, vista la partnership che ci lega a questo teatro ormai da 8 anni, riservando ai nostri top clients un’esperienza unica che ci auguriamo apprezzeranno”.

Grazie alla collaborazione di Cimbali Group e di MUMAC con il Teatro alla Scala , dopo la presentazione gli ospiti hanno potuto partecipare ad una visita guidata, della mostra “Fantasmagoria Callas” dedicata al soprano Maria Callas e allestita in occasione del centesimo anniversario dalla nascita. La mostra omaggia la soprano con un’esposizione concepita per restituirne il mito, attraverso il ritratto di un’artista completa, profondamente legata alla storia del teatro che l’ha vista interprete di 23 titoli d’opera in 28 spettacoli dal 1950 al 1961, tra cui 6 inaugurazioni di stagione. Ed il 1950 è anche l’anno di debutto della prima macchina per caffè LaCimbali, la Gioiello, in grado di produrre un espresso con la crema.

A margine della mostra, gli ospiti hanno potuto effettuare un tour inedito alla scoperta della parte monumentale del Teatro e del backstage e scoprire alcune curiosità sulla passione che “La Divina” aveva per il caffè: alcune fotografie dell’epoca, infatti, la immortalano nel back stage del teatro che sorseggia un espresso mentre le sarte sistemano gli ultimi dettagli proprio dell’abito di Fiume esposto in mostra.

Il supporto di Cimbali Group al teatro e al suo museo è iniziato nel 2016 con la sponsorizzazione della mostra “Madama Butterfly, l’Oriente ritrovato. Foujita e Asari per Puccini” presso il Museo Teatrale alla Scala, e proseguita ininterrottamente negli anni con la creazione di sinergie sia con il brand La Cimbali che con il MUMAC: dall’evento concerto al MUMAC con gli allievi dell’Accademia della Scala del 2017, alle dirette della Prima Diffusa del 7 dicembre nelle edizioni 2017-2023, fino alla condivisione di molti altri momenti di spettacolo e cultura, dentro e fuori dal Teatro.

Il legame si esprime anche con la presenza delle macchine emblema della eccellenza del brand La Cimbali nei foyer del Teatro. Quest’anno il parco macchine è stato completamente rinnovato: in un contesto come questo, luogo di tradizione e innovazione, risulta perfetta la collocazione de LaCimbali M200, una macchina per caffè espresso top di gamma italiana e allo stesso tempo internazionale. LaCimbali M200 è la perfetta sintesi di eleganza e artigianalità Made in Italy, in cui design all’avanguardia e tecnologia sempre più avanzata sono garanzia di un caffè eccellente, capace di accogliere e accompagnare gli spettatori nei momenti di ristoro e di pausa nel corso degli spettacoli, ad una coffee experience completa.

Leggi anche:

Cresce l’Istituto Espresso Italiano con l’ingresso de La San Marco

12 Marzo 2024
Roberto Nocera, General Manager de La San Marco

Cresce l’Istituto Espresso Italiano (IEI) e lo fa con l’ingresso di una nuova azienda, La San Marco, che ha scelto IEI per supportare ancora con maggiore forza la propria missione. Un’altra importante realtà ha quindi aderito a IEI che da ormai diversi anni aggrega quasi quaranta aziende in rappresentanza di tutta la filiera dell’espresso.

«Entra nel nostro Istituto un’azienda del settore che sposa la visione dell’Istituto Espresso Italiano, realtà che da oltre 25 anni contribuisce alla divulgazione della cultura dell’espresso italiano in Italia e nel mondo – commenta il Presidente dell’Istituto Espresso Italiano, Luigi Morello – questo è sicuramente un importante ingresso che dimostra quanto oggi sia fondamentale ricordare a tutti cos’è e da dove viene l’espresso italiano quindi che la miscela non è superata e non è disvalore ma un’arte che nasce dalla creatività dell’imprenditoria italiana per dare continuità di gusto al proprio cliente. Occorre ricordare che non tutte le attrezzature sono uguali e non tutte riescono a trasformare in modo corretto e costante i chicchi di caffè nella deliziosa bevanda. Occorre ricordare che la formazione professionale e culturale del barista è fondamentale. Non è più sufficiente preparare il caffè, occorre conoscere la miscela, l’attrezzatura e prendersene cura con la corretta pulizia costante e servire il caffè con il racconto al consumatore finale che è sì l’ultimo della catena ma è anche il più importante».

Questo il pensiero del General Manager de La San Marco, Roberto Nocera. «Penso che l’ingresso de La San Marco nell’Istituto dell’Espresso Italiano sia un passo significativo nella tutela e promozione dell’espresso italiano. Sono orgoglioso nel vedere la nostra azienda impegnarsi così a fondo nel preservare non solo la qualità dell’espresso, ma anche le sue oscillazioni sensoriali nelle diverse comunità emblematiche del caffè. La consapevolezza e la promozione delle diverse tradizioni legate al caffè possono contribuire, non solo a preservare il patrimonio culturale italiano, ma anche a far crescere l’apprezzamento globale per l’espresso italiano. La San Marco, con la sua partecipazione attiva, può svolgere un ruolo chiave nel diffondere la conoscenza di questa bevanda e nel promuovere l’eccellenza che la contraddistingue nel contesto internazionale. Inoltre, il fatto che l’azienda sia fermamente convinta dell’importanza di questa tutela dimostra un impegno autentico verso la valorizzazione di un prodotto così emblematico per l’Italia. Spero vivamente che questa collaborazione contribuirà concretamente alla diffusione della cultura dell’espresso e a rafforzare la sua reputazione in ogni angolo del mondo».

Leggi anche:

Al via un nuovo corso di Panel Leader a Milano

5 Marzo 2024

Il lavoro del Panel Leader è affascinante: interpreta i bisogni di analisi sensoriale, sceglie il test adatto, prepara i disegni sperimentali, forma e guida il gruppo di valutazione, raccoglie ed elabora i dati che poi interpreta per giungere al risultato finale: la fotografia del percepito ricavata su basi scientifiche con relativa validazione statistica.

Per chi desidera avviarsi verso questa carriera, oggi sempre più ambita dalle aziende, si terrà a Milano, nei giorni 7, 8 e 9 maggio 2024 un corso per Panel Leader bandito da Good Senses. Al link è possibile scaricare la locandina per l’iscrizione.

Leggi anche: